Un stipendio un po’ più alto o un po’ più di tempo libero? Da qualche tempo a questa parte, le aziende cominciano a porre ai propri dipendenti la possibilità di scegliere. Lo hanno fatto ad esempio le industrie Ducati, Marposs, Samp, Bonfiglioli, Lamborghini, ricevendo, per la verità, una risposta quasi unanime: i lavoratori (dipendenti) preferiscono in prevalenza avere un’ora in più di tempo libero che dei soldi, magari di straordinario, in più. La risorsa più preziosa, nel Paese in cui la conciliazione tra lavoro e famiglia è ancora un’utopia, è dunque quella del tempo, specie per chi ha figli e molta voglia di passare più ore con loro, con risultato – anche – di risparmiare su baby sitter e altre figure di cura, oppure passando una preziosa settimana di vacanze di più insieme, invece che pagare l’ennesimo corso estivo.
C’è poi un altro aspetto al quale i lavoratori tengono sempre di più e che in molti vorrebbero poter fare durante l’orario di lavoro: lo sport, strumento utile non solo per la prevenzione e per il benessere psicologico, ma anche per lavorare meglio (e far scendere le assenze per malattia). Lo hanno capito infatti in Svezia,dove ormai le aziende lasciano liberi i lavoratori di allenarsi o forniscono palestre e corsi perché i dipendenti possano fare sport durante l’orario di lavoro. Si tratta di scelte lungimiranti, perché un lavoratore più contento e più sano è una cosa buona per tutti. Più in generale, il tema non è solo quello dello sport in azienda, ma del welfare aziendale, che oggi – specie in tempi di crisi del welfare pubblico, a partire da quello sanitario ma anche dei servizi di cura – rappresenta per chi lavora una sfera molto più appetibile dei soldi.
Parliamo di smart working, molto amato dai dipendenti che possono passare uno o più giorni lavorando da casa, assistenza sanitaria integrativa, anche estesa ai familiari (e di questi tempi, appunto, graditissima, per il senso di protezione che porta con sé), buoni pasto, aiuti per pagare gli asili nido, trasporto casa-lavoro, istruzione e formazione, assistenza a familiari non autosufficienti, assicurazioni contro malattia e morte, contributi previdenziali integrativi, mutui e finanziamenti, borse di studio per i figli dei dipendenti. Come ha spiegato il 1 Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale del 2018, il 58,7% dei lavoratori è a favore di queste iniziative. Lo sono soprattutto i laureati, i lavoratori con bambini piccoli, i lavoratori con redditi medio alti. Tra i servizi più richiesti, secondo il Censis, ci sono prestazioni legate alla sanità, alla previdenza integrativa, al trasporto da casa (ad esempio abbonamento ai mezzi pubblici), asili nido e centri vacanze, rimborsi per le spese scolastiche.
Ma a che punto è la situazione in Italia, realtà fatta soprattutto di piccole aziende, anche familiari, che poco sanno di welfare per i propri dipendenti? Risponde Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon, uno dei principali provider italiani specializzati nella progettazione di piani di welfare per le aziende, e autore del libro dal titolo provocatorio “Il welfare aziendale è una iattura” (Este edizioni): “Abbiamo assistito in questi ultimi anni a un progressivo miglioramento della situazione rispetto agli inizi e questo grazie anche ad alcune normative favorevoli degli ultimi anni.
Il punto è saper rispondere con una personalizzazione del welfare sulle esigenze di benessere delle persone. Non si può “imporre” un qualcosa anche se con l’intento di migliorare il benessere della persona, verrebbe meno il suo valore aggiunto. In questo senso, è fondamentale prestare attenzione a come si sceglie di raccontare il welfare all’interno dell’azienda, ma non solo; capita che un programma risulti poco conosciuto o mal fruito dai dipendenti poiché non affiancato da corrette politiche di comunicazione per cui le persone, anche se dotate di strumenti, non sanno in che modalità accedervi”.
Insomma, il welfare aziendale come risposta al malessere dei lavoratori? Sì e no. Sicuramente servizi come quelli indicati portano maggior benessere e senso di stabilità e protezione nei dipendenti e nelle loro famiglie. Ma, tornando al dilemma iniziale sulla scelta tra soldi e tempo, questa opzione è valida soprattutto per chi non ha reddito basso, molto meno per operai ma anche lavoratori di altri settori. Se guadagni poco, e purtroppo la media degli stipendi italiani è misera, non puoi permetterti di rinunciare a un po’ di denaro in più in cambio, ad esempio, di più tempo libero o della palestra. In questo senso il welfare aziendale non potrà mai sostituirsi a quello pubblico, che resta purtroppo drammaticamente carente.
E poi c’è un altro tema che resta completamente fuori: quello dei lavoratori autonomi, precari, liberi professionisti o free lance. Una massa di circa cinque milioni di persone al cui benessere nessuno pensa, neanche quegli ordini professionali che dovrebbero dare protezione a chi ne fa parte. Provate a parlare di welfare aziendale con un lavoratore non dipendente: vi esprimerà la sua sofferenza, la sua voglia di tutele, di protezioni. Vi racconterà del suo “smart” working obbligatorio, perché magari non ha i soldi per uno studio e deve lavorare da casa (specie se donna), vi chiederà del perché tutti i diritti antichi – contributi, disoccupazione, malattia, diritto allo studio, legge 104 etc – e insieme tutte le nuove opportunità (welfare aziendale, appunto) siano sempre e solo riservate ai dipendenti. Che magari fanno yoga all’ora di pranzo, mentre chi lavora per conto proprio non ha scelta tra più tempo e più soldi: perché è carente di entrambi.
https://www.facebook.com/elisabettambrosi/
www.elisabettaambrosi.com
Non ho tempo per rispondere a tutti i commenti, ma leggo tutto grazie.
Elisabetta Ambrosi
Giornalista e scrittrice
Lavoro & Precari - 16 Luglio 2018
Lavoro: più tempo libero o più soldi in busta paga, tu cosa sceglieresti?
Un stipendio un po’ più alto o un po’ più di tempo libero? Da qualche tempo a questa parte, le aziende cominciano a porre ai propri dipendenti la possibilità di scegliere. Lo hanno fatto ad esempio le industrie Ducati, Marposs, Samp, Bonfiglioli, Lamborghini, ricevendo, per la verità, una risposta quasi unanime: i lavoratori (dipendenti) preferiscono in prevalenza avere un’ora in più di tempo libero che dei soldi, magari di straordinario, in più. La risorsa più preziosa, nel Paese in cui la conciliazione tra lavoro e famiglia è ancora un’utopia, è dunque quella del tempo, specie per chi ha figli e molta voglia di passare più ore con loro, con risultato – anche – di risparmiare su baby sitter e altre figure di cura, oppure passando una preziosa settimana di vacanze di più insieme, invece che pagare l’ennesimo corso estivo.
C’è poi un altro aspetto al quale i lavoratori tengono sempre di più e che in molti vorrebbero poter fare durante l’orario di lavoro: lo sport, strumento utile non solo per la prevenzione e per il benessere psicologico, ma anche per lavorare meglio (e far scendere le assenze per malattia). Lo hanno capito infatti in Svezia,dove ormai le aziende lasciano liberi i lavoratori di allenarsi o forniscono palestre e corsi perché i dipendenti possano fare sport durante l’orario di lavoro. Si tratta di scelte lungimiranti, perché un lavoratore più contento e più sano è una cosa buona per tutti. Più in generale, il tema non è solo quello dello sport in azienda, ma del welfare aziendale, che oggi – specie in tempi di crisi del welfare pubblico, a partire da quello sanitario ma anche dei servizi di cura – rappresenta per chi lavora una sfera molto più appetibile dei soldi.
Parliamo di smart working, molto amato dai dipendenti che possono passare uno o più giorni lavorando da casa, assistenza sanitaria integrativa, anche estesa ai familiari (e di questi tempi, appunto, graditissima, per il senso di protezione che porta con sé), buoni pasto, aiuti per pagare gli asili nido, trasporto casa-lavoro, istruzione e formazione, assistenza a familiari non autosufficienti, assicurazioni contro malattia e morte, contributi previdenziali integrativi, mutui e finanziamenti, borse di studio per i figli dei dipendenti. Come ha spiegato il 1 Rapporto Censis-Eudaimon sul welfare aziendale del 2018, il 58,7% dei lavoratori è a favore di queste iniziative. Lo sono soprattutto i laureati, i lavoratori con bambini piccoli, i lavoratori con redditi medio alti. Tra i servizi più richiesti, secondo il Censis, ci sono prestazioni legate alla sanità, alla previdenza integrativa, al trasporto da casa (ad esempio abbonamento ai mezzi pubblici), asili nido e centri vacanze, rimborsi per le spese scolastiche.
Ma a che punto è la situazione in Italia, realtà fatta soprattutto di piccole aziende, anche familiari, che poco sanno di welfare per i propri dipendenti? Risponde Alberto Perfumo, amministratore delegato di Eudaimon, uno dei principali provider italiani specializzati nella progettazione di piani di welfare per le aziende, e autore del libro dal titolo provocatorio “Il welfare aziendale è una iattura” (Este edizioni): “Abbiamo assistito in questi ultimi anni a un progressivo miglioramento della situazione rispetto agli inizi e questo grazie anche ad alcune normative favorevoli degli ultimi anni.
Il punto è saper rispondere con una personalizzazione del welfare sulle esigenze di benessere delle persone. Non si può “imporre” un qualcosa anche se con l’intento di migliorare il benessere della persona, verrebbe meno il suo valore aggiunto. In questo senso, è fondamentale prestare attenzione a come si sceglie di raccontare il welfare all’interno dell’azienda, ma non solo; capita che un programma risulti poco conosciuto o mal fruito dai dipendenti poiché non affiancato da corrette politiche di comunicazione per cui le persone, anche se dotate di strumenti, non sanno in che modalità accedervi”.
Insomma, il welfare aziendale come risposta al malessere dei lavoratori? Sì e no. Sicuramente servizi come quelli indicati portano maggior benessere e senso di stabilità e protezione nei dipendenti e nelle loro famiglie. Ma, tornando al dilemma iniziale sulla scelta tra soldi e tempo, questa opzione è valida soprattutto per chi non ha reddito basso, molto meno per operai ma anche lavoratori di altri settori. Se guadagni poco, e purtroppo la media degli stipendi italiani è misera, non puoi permetterti di rinunciare a un po’ di denaro in più in cambio, ad esempio, di più tempo libero o della palestra. In questo senso il welfare aziendale non potrà mai sostituirsi a quello pubblico, che resta purtroppo drammaticamente carente.
E poi c’è un altro tema che resta completamente fuori: quello dei lavoratori autonomi, precari, liberi professionisti o free lance. Una massa di circa cinque milioni di persone al cui benessere nessuno pensa, neanche quegli ordini professionali che dovrebbero dare protezione a chi ne fa parte. Provate a parlare di welfare aziendale con un lavoratore non dipendente: vi esprimerà la sua sofferenza, la sua voglia di tutele, di protezioni. Vi racconterà del suo “smart” working obbligatorio, perché magari non ha i soldi per uno studio e deve lavorare da casa (specie se donna), vi chiederà del perché tutti i diritti antichi – contributi, disoccupazione, malattia, diritto allo studio, legge 104 etc – e insieme tutte le nuove opportunità (welfare aziendale, appunto) siano sempre e solo riservate ai dipendenti. Che magari fanno yoga all’ora di pranzo, mentre chi lavora per conto proprio non ha scelta tra più tempo e più soldi: perché è carente di entrambi.
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Non ho tempo per rispondere a tutti i commenti, ma leggo tutto grazie.
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Fdi e la svolta Usa sull’Ucraina: “Zelensky è un ostacolo alla pace, ora che c’è Trump basta armi”
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il dialogo tra due presidenti davvero straordinari è promettente. È importante che nulla ostacoli l'attuazione della loro volontà politica". Lo ha dichiarato il portavoce della presidenza russa Dmitri Peskov in un'intervista alla televisione, parlando della fermezza degli Stati Uniti nei confronti di Kiev e sulle dichiarazioni ostili di Trump nei confronti del presidente ucraino Volodymyr Zelensky.
Roma, 23 feb. - (Adnkronos) - Resterà per sempre il cantante di "Bandiera gialla", canzone simbolo della musica leggera degli anni '60: Gianni Pettenati è morto nella sua casa di Albenga (Savona) all'età di 79 anni. L'annuncio della scomparsa, avvenuta nella notte, è stato dato con un post sui social dalla figlia Maria Laura: "Nella propria casa, come voleva lui, con i suoi affetti vicino, con l'amore dei suoi figli Maria Laura, Samuela e Gianlorenzo e l'adorato gatto Cipria, dopo una lunga ed estenuante malattia, ci ha lasciato papà. Non abbiamo mai smesso di amarti. Ti abbracciamo forte. Le esequie si terranno in forma strettamente riservata".
Nato a Piacenza il 29 ottobre 1945, Gianni Pettenati debutta nel 1965, vincendo il Festival di Bellaria ed entra a far parte del gruppo degli Juniors e nel 1966, accompagnato dallo stesso gruppo, incide il suo primo 45 giri, una cover di "Like a Rolling Stone" di Bob Dylan intitolata "Come una pietra che rotola", seguita da quello che rimane il suo maggiore successo "Bandiera gialla", versione italiana di "The pied piper" incisa lo stesso anno da Patty Pravo (in lingua originale, come lato B del singolo "Ragazzo Triste" per la promozione del locale Piper Club di Roma, diventando il brano simbolo della famosa discoteca), diventata un evergreen, immancabile quando si gioca al karaoke o nelle serate revival nelle discoteche e nelle feste. Il 45 giri successivo, nuovamente con gli Juniors, è "Il superuomo" (cover di "Sunshine superman" di Donovan), mentre sul lato B del disco compare "Puoi farmi piangere" (cover di "I put a spell on you" di Screamin' Jay Hawkins, incisa con l'arrangiamento della versione di Alan Price), con il testo italiano di Mogol. Sempre nel 1967 Pettenati partecipa al Festival di Sanremo con "La rivoluzione", a Un disco per l'estate con "Io credo in te", al Cantagiro con "Un cavallo e una testa" (scritta da Paolo Conte) e a Scala Reale sul Canale Nazionale della Rai in squadra con il vincitore di quell'anno, Claudio Villa, e con Iva Zanicchi, battendo Gianni Morandi, Sandie Shaw e Dino.
Nel 1968 insieme ad Antoine entra in finale al festival di Sanremo con "La tramontana", brano molto fortunato che il cantante piacentino ha sempre riproposto nei suoi concerti. Seguono altri successi come "Caldo caldo", "Cin cin", "I tuoi capricci" e collaborazioni artistiche con diversi autori della canzone italiana. Critico musicale, Pettenati è autore di diversi libri sulla storia della musica leggera italiana tra cui "Quelli eran giorni - 30 anni di canzoni italiane" (Ricordi, con Red Ronnie); "Gli anni '60 in America" (Edizioni Virgilio); "Mina come sono" (Edizioni Virgilio); "Io Renato Zero" (Edizioni Virgilio); "Alice se ne va" (Edizioni Asefi). Nel 2018 era stata concessa a Pettenati la legge Bacchelli che prevede un assegno vitalizio di 24mila euro annui a favore di cittadini illustri, con meriti in diversi campi, che versino in stato di particolare necessità. (di Paolo Martini)
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti della polizia municipale.
Mosca, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - "Il destino ha voluto così, Dio ha voluto così, se così posso dire. Una missione tanto difficile quanto onorevole - difendere la Russia - è stata posta sulle nostre e vostre spalle unite". Lo ha detto il presidente russo Vladimir Putin ai soldati che hanno combattuto in Ucraina, durante una cerimonia organizzata al Cremlino in occasione della Giornata dei Difensori della Patria.
Kiev, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha invocato l'unità degli Stati Uniti e dell'Europa per giungere a una "pace duratura", alla vigilia del terzo anniversario dell'invasione russa e sulla scia della svolta favorevole a Mosca presa da Donald Trump.
"Dobbiamo fare del nostro meglio per una pace duratura e giusta per l'Ucraina. Ciò è possibile con l'unità di tutti i partner: ci vuole la forza di tutta l'Europa, la forza dell'America, la forza di tutti coloro che vogliono una pace duratura", ha scritto Zelensky su Telegram.
Parigi, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Tre persone, oltre al presunto autore, sono state arrestate per l'attacco mortale di ieri a Mulhouse, nell'est della Francia. Lo ha reso noto la Procura nazionale antiterrorismo. Il principale sospettato, nato in Algeria 37 anni fa, è stato arrestato poco dopo l'aggressione con coltello che ha ucciso un portoghese di 69 anni e ferito almeno tre agenti di polizia municipale.
Beirut, 23 feb. (Adnkronos/Afp) - Decine di migliaia di persone si sono radunate per partecipare ai funerali di Hassan Nasrallah, in uno stadio alla periferia di Beirut. Molte le bandiere di Hezbollah e i ritratti del leader assassinato che ha guidato il movimento libanese, sostenuto dall'Iran, per oltre tre decenni. Uomini, donne e bambini provenienti dal Libano e da altri luoghi hanno camminato a piedi nel freddo pungente per raggiungere il luogo della cerimonia, ritardata per motivi di sicurezza dopo la morte di Nasrallah avvenuta in un massiccio attacco israeliano al bastione di Hezbollah a Beirut sud a settembre.
Mentre la folla si radunava, i media statali libanesi hanno riferito di attacchi israeliani in alcune zone del Libano meridionale, tra cui una località a circa 20 chilometri dal confine. L'esercito israeliano ha affermato di aver colpito nel Libano meridionale "diversi lanciarazzi che rappresentavano una minaccia imminente per i civili israeliani". Ritratti giganti di Nasrallah e di Hashem Safieddine (il successore designato di Nasrallah, ucciso in un altro attacco aereo israeliano prima che potesse assumere l'incarico) sono stati affissi sui muri e sui ponti nella parte sud di Beirut. Uno è stata appeso anche sopra un palco eretto sul campo del gremito Camille Chamoun Sports City Stadium, alla periferia della capitale, dove si svolgeranno i funerali dei due leader.
Lo stadio ha una capienza di circa 50mila persone, ma gli organizzatori di Hezbollah hanno installato decine di migliaia di posti a sedere extra sul campo e all'esterno, dove i partecipanti potranno seguire la cerimonia su uno schermo gigante. Hezbollah ha invitato alla cerimonia alti funzionari libanesi, alla presenza del presidente del parlamento iraniano, Mohammad Bagher Ghalibaf, e del ministro degli Esteri Abbas Araghchi. Quest'ultimo, in un discorso da Beirut, ha descritto i leader assassinati come "due eroi della resistenza" e ha giurato che "il cammino della resistenza continuerà".